Android

Android, a sentirlo nominare già incute timore.

A metà strada tra il remoto futuro e le immagini visionarie di Blade Runner, Google sceglie un nome per quanto possibile lontano dalla sua idea di semplicità e dal resto del suo mondo colorato e user-friendly, per lanciare il suo primo esperimento in ambito mobile. Eppure il sistema, o la piattaforma che dir si voglia, è quanto di più semplice abbia visto il mondo dei dispositivi mobili dai tempi di Iphone. Detto a bassa voce, perché tra chi lo utilizza, non senza un po’ di sano campanilismo, ci si offende a sentir parlare di confronti con il “giocattolo” Apple.

Tecnicamente, dando voce a Wikipedia, Android è una “piattaforma open-source per dispositivi mobili”. Praticamente, è quello che serve a far funzionare un cellulare. Il resto sono tecnicismi, comunque interessanti soprattutto per chi è alla ricerca di un sistema flessibile ed espandibile da utilizzare e possibilmente per svilupparci sopra: kernel Linux, database SQLite, grafica basata su SGL e open, applicazioni sviluppate su linguaggio android, derivato da Java con l’aggiunta di librerie proprietarie.

 

Personalmente, al momento dell’acquisto del mio htc dream, ritengo di aver scelto un sistema e non un telefono. Quando si parla dell’androide, questa differenza è sostanziale e ne capiremo insieme i motivi, per cui non è mia intenzione parlare delle caratteristiche peculiari del mio telefono.

Il primo aspetto di interesse è la presenza di diversi rilasci del firmware: Google associa ad ogni telefono una release di riferimento, tra la 1.1, la 1.5 (nome in codice: Cupcake), la 1.6 (Donut) e la recente 2.0 (Eclair) rilasciata per il Motorola Droid. Inutile dire che ogni rilascio include funzionalità aggiuntive e fixa alcuni bug/imperfezioni che naturalmente sono presenti nei sistemi giovani.

La base dell’esperienza utente è il touchscreen, da cui è possibile scegliere l’applicazione di interesse premendo sull’icona corrispondente.

schermata principaleIl desktop è suddiviso in un numero di schermate scorribili orizzontalmente (3 o 5 in base alla release) su cui è possibile trascinare le icone presenti nel menù principale, richiamabile con lo slide della linguetta in basso. In aggiunta, è possibile aggiungere al desktop collegamenti, scorciatoie come ad es. link a siti di interesse, e last but not least i carinissimi widget, sia integrati che relativi alle applicazioni scaricate. Eh si, scaricate, perchè al di là delle applicazioni integrate, parte delle quali di origine Google (Gmail, Google Maps, Browser, …), nel menu c’è una voce: “Market” che apre un mondo vasto, quello delle applicazioni aggiuntive da scaricare dal repository Google. Applicazioni, free o a pagamento (prezzo medio: un paio di €), sviluppate in minima parte da Google stessa ma anche da software house o anche da singoli sviluppatori che si dilettano ad aggiungere al sistema nuove funzionalità.

Inutile dire che, come nel caso dell’odiato cugino App Store, è questo il vero punto di forza di Android, cioè la possibilità (io direi: un must) di scaricare e installare facilmente nuove applicazioni con funzionalità mai viste se non in veri e propri pc o che semplicemente rendono immediate operazioni che altrimenti sarebbero più macchinose. Quando me lo chiedono, faccio sempre l’esempio del widget “Controllo risparmio energia”, grazie al quale con un solo click sul desktop posso abilitare/disabilitare le connessioni di mio interesse (wifi, bluetooth, gps, sincronizzazione google) senza dover esplorare il menu delle impostazioni, peraltro comunque intuitivo.

Ci sono tantissime ltre cose da dire sul mondo Android, per cui credo sia necessario chiudere qui la parte introduttiva, in attesa delle prossime puntate sul tema.

ps. spero di avervi quantomeno incuriosito su questo tema.