In occasione della giornata mondiale contro la Violenza di Genere vi presentiamo una ad una le storie “Ti Racconto come ne sono Uscita” il progetto realizzato da Radio Incredibile nell’ambito di C’entro anche io, la progettualità di Coop Alleanza 3.0.

Il progetto ha visto la preziosissima e fondamentale collaborazione di On The Road, Free Woman e Casa delle Donne.

Dopo la storia di Amal, ascoltiamo la storia di Sibilla

Leggi la storia

Mi chiamo Sibilla, ho 36 anni e sono madre di tre figli.

Ho sempre cercato di vivere in modo semplice, adoro la natura e sento spesso il bisogno di lasciare che la mia mente voli tra le montagne.

Mi ritengo una persona fortunata, ho una bella famiglia, amici e amiche che mi sostengono, sono una donna e sono femminista. Ho sempre creduto fortemente nei miei diritti e ho sempre cercato di aiutare altre donne nel vederseli riconoscere.

Eppure mi ritrovo anche io ad essere vittima di violenza. Una violenza agita da un uomo, il mio (ora ex) compagno, poi diventato mio marito. Il padre dei miei figli.

Non avrei mai immaginato di potermi ritrovare così, vittima. Ho sempre pensato di essere una donna forte e indipendente, ma lui è riuscito a piegarmi ai suoi sfoghi di potere.

La relazione che ho avuto con il mio ex è sempre stata conflittuale, più io pretendevo di essere libera e più lui cercava di ingabbiarmi. Ora mi rendo conto che nonostante lui abbia sempre mirato a minare la mia autostima, le mie convinzioni, il mio modo di esprimermi e vivere nel mondo, io sono riuscita a rimanere sempre me stessa. Ma ero limitata, sentivo che più io mi aprivo e più lui mi chiudeva nella realtà. La morsa era sempre più stretta, se riuscivo a divincolarmi per qualche giorno, eccolo che tornava più prepotente di prima.

Mi ritengo una persona pacifica, quindi ogni volta che lui mi attaccava o mi aggrediva o tentava di togliermi la convinzione di essere una buona madre, io cercavo di mediare, di dialogare con lui, di fargli capire che sbagliava a pensarmi in modi così spregevoli. Tentavo di convincerlo che ero migliore di come lui mi vedeva.

Lui ha insinuato tante brutte cose su di me. “Puttana” mi diceva. “Tua madre si scopa mezzo paese” diceva a mia figlia. “Questo chissà di chi è figlio” diceva riferendosi al bimbo più piccolo.

Non ha mai avuto rispetto. Davvero. Ora mi rendo conto di quanto sono stata costretta a sopportare. Pensavo “è il padre dei miei figli, non posso togliere loro questo affetto”. Adesso penso che sia necessario che i miei figli non abbiano rapporti con il padre. Li ha già danneggiati abbastanza.

Dopo che ho deciso finalmente di lasciarlo, mi sono rivolta ad un centro antiviolenza. Inizialmente volevo solo separarmi, addirittura mi ero rivolta ad un mediatore. Che scema, un mediatore! Da subito Ginevra del centro mi ha detto che sarebbe stata inutile, se non addirittura dannosa. E aveva ragione, dannazione. Da quel momento è peggiorato tutto. E migliorato tutto. Ogni giorno riuscivo a liberarmi dalle catene di cui il mio ex marito mi aveva incastrata. Ogni giorno provavo l’ebbrezza di poter vivere senza di lui. Di poter addirittura stare meglio. Anche i miei figli, li vedevo che erano più sereni. E lui lo capiva, eccome se lo capiva! Lo capiva talmente bene che appena io riaprivo uno spiraglio per dargli la possibilità di migliorarsi con i suoi figli, ne approfittava per tornare alle solite disumane violenze.

Una volta gli ho permesso di dormire a casa, mi faceva quasi pena, cane bastonato quale si presentava. Mi ha aggredita di nuovo, continuando ad insinuare che avessi una relazione, mi strinse la vagina, con forza. Disse che se non la poteva usare lui, non poteva usarla nessuno. Sono riuscita a rifugiarmi in bagno e fortunatamente la mia vicina ha allertato i Carabinieri. E niente, non è successo niente.

Molte sono state le volte in cui sono intervenuti o mi sono recata personalmente dai Carabinieri. La risposta è stata “stai attenta che ti tolgono i figli” (e stavo letteralmente scappando da lui, che mi inseguiva minacciandomi) o “ma dai è stato solo un litigio, vedrai che passa” (mi aveva schiaffeggiata in pubblica piazza). Uh quante ne avrei da raccontare! Ho visto così tanta indifferenza e ignoranza. Questa è la cosa che più mi spaventa, tutti e tutte sanno ma nessuno prova a fare qualcosa per darti un aiuto. Non vedo, non sento, non parlo è la regola che si segue.

Aivoglia con le pubblicità progresso, le dichiarazioni dei politici. Non hanno idea alcuna di che cosa voglia dire trovarcisi con tutte le scarpe dentro. I Centri Antiviolenza sono fondamentali, ti riportano in una dimensione in cui non sei giudicata, non sei obbligata a fare nulla, la tua scelta viene rispettata. Vieni creduta, da subito. E capita. Io ho ritrovato tanta umanità in Ginevra, so che non posso considerarla un’amica, ma ha avuto un ruolo determinante. Invito tutte le donne che subiscono violenza a recarsi nei Centri, io ho visto cambiare la mia prospettiva di vita, mi ha dato strumenti nuovi per guardare la realtà che vivevo e capire come potevo lottare.

Al Centro Antiviolenza ho potuto ritrovare quella forza che avevo assopito, mi ha aiutato a diventare più consapevole dei miei diritti, di ciò che potevo pretendere in quanto donna e in quanto madre.

Inizialmente non sono riuscita a denunciare, non volevo fare la parte della cattiva. Non cercavo vendetta, solo tranquillità. Volevo solo non essere più umiliata e pensavo che un dialogo con lui fosse ancora possibile, nonostante tutto. E invece non era così. Ne ho avuto la prova quando in un luogo pubblico lui ha aggredito un poveretto che passava di lì e subito dopo un poliziotto intervenuto con la volante. Da lì è avvenuta la mia liberazione. Da lì ho avuto il coraggio di denunciarlo, come se una volta che anche altri avevano avuto dimostrazione di ciò che lui è, anche io finalmente potevo recriminargli tutti i maltrattamenti che avevo subito per mano sua.

Non vi sto a dire la trafila con i servizi sociali, che per fortuna si sono dimostrati dalla mia parte. Nonostante questo anche io sono stata messa sotto esame, come se non bastasse non essere stata considerata adeguata per più di dieci anni, come se quello che lui diceva -che sono una madre di merda- era vero, lo pensavano anche altri.

Con il tempo ho capito che non avevo più nulla di cui avere paura. Adesso ho trovato un lavoro, sono soddisfatta e sono in attesa delle udienze per la separazione e del processo penale in cui lo accuso di maltrattamenti in famiglia.

Ho conosciuto altre donne che hanno subito violenza. E’ stata forse questa l’esperienza più utile, perché al Centro sì te lo dicono che non sei sola, che non sei l’unica, che non sei stupida, che non è vero che sei debole o che non vali nulla. Ma sentire tutte quelle storie, racconti come il mio, quella donna sono anche io. Quella donna siamo noi. Tutti e tutte. Quella donna è la società. Ed è subito solidarietà, senti subito i cuori che si avvicinano. Cuori feriti, ma sempre aperti.

 

La violenza sessuale, i maltrattamenti fisici e psicologici, i ricatti e le molestie sessuali, sono reati particolarmente gravi perchè colpiscono la donna nella sua identità, oltre che nella sua integrità fisica e psicologica.

On the Road gestisce i CENTRI ANTIVIOLENZA di Fermo, Ascoli Piceno, San Benetto del Tronto e Teramo, e fornisce, attraverso le sue operatrici, i legali, le psicologhe e assistenti sociali  servizi GRATUITI rivolti alle donne che vivono situazioni di marginalità o di violazione di diritti.