Jonata Sabbioni

Riconoscere è distinguere e altre cose che somigliano a questa, ma riconoscere è anche accettare l’esistenza di un obbligo e dichiararlo proprio. Tra riconoscere e riconoscenze c’è il darsi del sentimento di chi è riconoscente, e poi il darsi molte volte di quel sentimento. E questa raccolta di Jonata Sabbioni – classe 1985, ingegnere edile e giovane poeta non più giovanissimo –, dopo l’esordio di Al suo vero nome (L’Arcolaio, 2010) si intitola proprio così: Riconoscenze, e la prima poesia del libro è questa: “Quando sono chiamato / sul pensiero del limite, / al confine della natura, / riconosco questa resistenza / al vuoto, l’intreccio / della corda che trattiene, / la verità che si compie / ancora e solo una volta.”, e questa poesia riscrive l’intreccio della corda, fili ritorti su di loro a dare resistenza e unione, “ancora e solo una volta” – quella volta. Ma già nella seconda poesia la corda che trattiene si rompe; Sabbioni è alla finestra: uno stormo in volo nella luce “scuote le ombre di dentro”. È “la sofferenza dell’abbandono”. Si intitola Paesaggi umani la sezione a cui appartengono queste due poesie; è la sezione di apertura, la sezione della “purezza” “dell’assenza irrisolta”, prima che si dia un equilibrio.

Tratto da l’Arcolaio

 Radio Incredibile ha intervistato Jonata che ci ha raccontato questa sua pubblicazione