asta

IN ITALIA impazzano le aste al ribasso. Nell’unico paese dell’Unione europea in cui quest’anno è diminuita la diffusione di internet, nascono a ritmo continuo i servizi online che promettono “Cellulari, tv e notebook a pochi cent”. In realtà non sono vere e proprie aste, si vince solo se si investe molto e si conoscono i trucchi del mestiere e la trasparenza non è sempre un valore indispensabile. Il business telematico più in voga di quest’anno è davvero vantaggioso solo per chi gestisce i servizi e per una piccola cerchia di utenti che si portano a casa premi di valore con grandi sconti. La grande massa dei navigatori rischia invece di gettare via un pacco di soldi.

Come funzionano. Sono più di 80 i siti di aste al ribasso in Italia che offrono prodotti costosi a prezzi irrisori. Ad aggiudicarsi il bene è chi fa l’offerta più bassa che però deve essere anche l’unica

registrata per quella cifra al momento della chiusura dell’asta: se ci sono due offerte per 1 centesimo e una sola per 2 centesimi vince quest’ultima perché è singola e più bassa. Fiat 500 a meno di 30 euro, telefonini a 3 euro, macchine fotografiche digitali a 5; ma anche Rolex, viaggi e perfino serate “vip” con modelle e champagne. Tutto certificato da foto, video e messaggi di ringraziamento dei vincitori. Tutto vero, tutto, sembra, anche in regola, ma né semplice né sempre conveniente e trasparente.

Il prezzo reale sborsato dal vincitore. Non è trasparente, ad esempio, il prezzo di acquisto che compare sulle pubblicità che girano sul web: non è né il prezzo totale sborsato dal vincitore né l’effettivo ricavo del servizio. Ogni offerta inviata ha, infatti, un costo che i gestori dei siti giustificano come un “servizio” informativo: l’utente viene informato se la sua offerta è vincente o no. Ognuno di questi “pacchetti informativi”, quindi ogni offerta, costa di norma 2 euro, è obbligatorio ed è il principale meccanismo che fa muovere questo business: l’utente, sapendo di non aver raggiunto il giusto prezzo, è spinto a fare altre offerte pur di indovinare quella vincente.

I casi estremi. Abbiamo calcolato che la Porsche citata poco sopra e venduta lo scorso settembre a 13,80 euro su BidPlaza ha generato oltre 50 mila offerte per un valore, al lordo dei pacchetti informativi ceduti gratuitamente come bonus, di quasi 102 mila euro, il doppio del prezzo del bene. Sui beni più economici l’impatto pubblicitario è minore ma il guadagno è molto più elevato: un iPhone dal costo di 569 euro ha generato, lo scorso settembre, 4800 offerte per un controvalore di quasi 10 mila euro, ossia quasi 18 volte superiore al bene di acquisto.

A vincere non è sempre il più fortunato. Si aggiudica gli oggetti chi fa più offerte e lo fa seguendo una logica rischiosa. “Può capitare di vincere con una o due puntate – ci dice Stefano, il responsabile del sito di informazione Asteribasso.info – ma di solito i vincitori son professionisti che mettono in atto strategie precise e investono molti soldi”. Per vincere un’asta, i giocatori esperti rischiano il 50, 60 per cento del valore del bene: puntano all’inizio su alcuni prezzi e inviano al termine dell’asta un’offerta a tappeto che copre un intervallo di valori molto ampio per “bruciare” tutte le offerte uniche che precedono la propria.

Se, ad esempio, si possiede già un’offerta unica da 2,90 euro, sarà sufficiente, a pochi secondi dalla fine, coprire con una puntata multipla tutte le offerte da 1 centesimo a 2,89 euro per rendere la propria unica e più bassa. Un giochetto costoso, poiché coprire tutte le offerte dell’esempio costa circa 578 euro, e molto rischioso, poiché è probabile che ci sia un utente che nello stesso momento stia facendo la stessa cosa. Un giochetto, del resto, suggerito a chiare lettere da alcuni siti perché è il modo migliore per far lievitare competizione, offerte e introiti.

Una piccola élite di vincitori. Il meccanismo è tale che a finanziare il sito e a pagare i premi dei vincitori siano così gli utenti occasionali o meno esperti. E i vincitori sono davvero una piccola élite. Le aste che abbiamo analizzato su BidPlaza, un sito che a Ottobre ha registrato più di un milione e 400 mila contatti, sono andate a poco più di 450 utenti e le aste di Youbid hanno premiato solo 297 persone. I vincitori non solo sono pochi, ma spesso sono gli stessi. Sempre su Youbid ci sono utenti che hanno vinto 30 aste e moltissimi che hanno vinto tre, quattro, cinque volte. Su BidSuite, un sito online da giugno, al momento in cui scriviamo ben 9 delle ultime 10 aste sono state vinte da una sola persona, con offerte quasi tutte piazzate all’ultimo secondo. Una persona molto fortunata, visto che il suo nome compare in altre decine di siti e sempre più di una volta.

Un mercato vantaggioso. Che sia un affare molto vantaggioso per i gestori dei siti lo testimonia la quantità dei messaggi pubblicitari che compaiono sul web e il numero dei siti che hanno adottato questo modello. Cercando su Google le parole aste al ribasso, la pagina dei risultati si popola di decine di collegamenti sponsorizzati come lo sono solo quelle per le suonerie e i loghi dei telefoni cellulari, un mercato che frutta oltre 300 milioni di euro l’anno.
E proprio come il mercato dei loghi e delle suonerie, il fenomeno delle aste al ribasso è diffusissimo solo nel nostro paese. Dall’ottobre 2007, data della prima asta su BidPlaza, a oggi sono nati in Italia in media 6 siti del genere ogni mese. “Aprire un sito di aste ben fatto costa dai 20 ai 25 mila euro – continua il gestore di Asteribasso. info – e, se ben condotto, può cominciare a fare i primi profitti già dopo tre mesi di attività”. Su eBay si trovano offerte per costruire portali del genere a spese molto più modeste e non è difficile imbattersi in siti che, in via di fallimento, vendono dominio, piattaforma e archivio dei clienti.

Crescita impressionante. Secondo i dati Nielsen online, a Ottobre 2008 i primi tre siti (Bidooo, Bidplaza e YouBid) hanno superato tutti il milione di visitatori al mese. Bidooo, il sito più visitato, è stato aperto appena a metà luglio e già può contare su 1 milione e 700 mila visitatori. Solo una piccola percentuale di questi utenti partecipa alle aste, ma i numeri sono di tutto rispetto e danno l’idea del giro di affari che si può generare. Un giro d’affari che inoltre rischia di drenare soldi dalle fasce sociali più deboli. Dai dati demografici dell’agosto 2008 che ci ha fornito Nielsen online, si rileva che questa tipologia di servizi attraggono soprattutto disoccupati e le persone con redditi annuali al di sotto dei 18 mila euro, la prima e più bassa fascia del panel Nielsen.

Informazioni poco trasparenti. È un mercato in cui i costi di accesso, per chi gestisce i siti, sono bassi e le prospettive di guadagno altissime, ma che non fa della trasparenza una delle priorità. Almeno nella maggioranza dei siti: dei 15 che abbiamo esaminato solo in due siamo riusciti a trovare il numero di telefono dell’azienda che ne gestisce le operazioni, un dato tradizionalmente presente nei negozi di commercio elettronico, mentre gli altri si affidano a stringati moduli di contatto o a un indirizzo e-mail. In alcuni siti manca l’indicazione dell’IVA, in altri non è indicato l’indirizzo della società. Le condizioni d’uso del sito e l’informativa sulla privacy in alcuni casi rimbalzano con le stesse formule da un sito a un altro, con la sola modifica di dati dell’azienda, e non è raro imbattersi in siti che, regolarmente funzionanti fino a qualche giorno prima, interrompono improvvisamente il servizio.

È legale tutto ciò? Al di là delle modalità di conduzione dell’asta e della serietà degli esercenti, è la natura stessa delle aste indurre dei dubbi sulla loro legittimità. Non è chiara la natura del servizio: asta, servizio di commercio elettronico, gioco d’azzardo o lotteria? In base alla loro natura, i siti dovrebbero sottostare a regolamenti diversi che in alcuni casi sono molto rigidi e in altri vietano determinate attività. In Inghilterra da alcuni mesi il dubbio non c’è più: la commissione sul gioco d’azzardo ha chiarito che le aste di questo tipo non sono lotterie perché si “basano sull’esercizio di abilità, giudizi e conoscenze del partecipante e non, come nelle lotterie, solo sulla fortuna”.

In Italia manca un parere così chiaro e Altroconsumo lo scorso febbraio ha presentato un esposto all’Autorità Garante della concorrenza e del mercato su BidPlaza e Youbid; su uno dei due siti l’autorità ha avviato un’indagine preliminare di cui, a oggi, non si hanno notizie. “Siamo però convinti – ci dice Marco Pierani, responsabile relazioni esterne di Altroconsumo – che la struttura dell’asta al ribasso nasconda in realtà un concorso a premi che, nel nostro paese, è disciplinato da leggi molto stringenti”. Sui concorsi a premi c’è un funzionario terzo che garantisce la regolarità del sistema. Nelle aste al ribasso, in cui i principali introiti finiscono al sito, chi garantisce al consumatore che non vi siano, è un altro dei dubbi di Altroconsumo, “eventuali manomissioni di questa lotteria” a vantaggio del sito stesso?