WASHINGTON – Assenti naturalmente gli italiani, che nella loro irrilevanza autoinflitta in politica internazionale, nell’industria e nella cultura non riescono a entrare in classifica neppure come cattivi, i 50 personaggi che formano la nuova élite globale 2009, secondo Newsweek, sono una classifica che piacerebbe molto a Dante Alighieri, inferno, paradiso e purgatorio delle anime che contano nel mondo di oggi.

Anime classificate nella insopprimibile mania americana di catalogare, quantificare e dare un voto a ogni cosa. In questa commedia umana globale edizione 2008/2009, dietro l’inevitabile Barack Obama che per il momento domina l’orizzonte del mondo, la posizione in graduatoria non testimonia di virtù o di vizi, di gesta nobili o ignobili. Racconta soltanto la capacità di quegli individui di segnare il tempo nel quale viviamo, senza distinzione di razza, sesso, religione, nazionalità o popolarità. Almeno secondo chi li sceglie, con tutti i limiti di arbitrarietà e di soggettività da competizione di pattinaggio artistico, inevitabili in questi registri.

Qualche devoto papista arriccerà il naso, ad esempio, nello scoprire che secondo i giudici del settimanale americano, il nuovo segretario particolare di Obama, il capo del suo staff, Rahm Emanuel, cinico ed efficace manipolatore di corridoi parlamentari, sta largamente davanti a Sua Santità Papa Benedetto XVI, al 27esimo posto contro il modesto 37esimo di Ratzinger, la cui influenza globale sembra relativamente modesta, se osservata dagli Stati Uniti. E ancora più bruciante sarà per l’escluso l’assenza da questa autentica casta di leader mondiali di Bill Gates, il signore delle “finestre”, del sistema operativo Windows che pure alimenta nove personal computer su dieci nel mondo e che compare nella lista soltanto come benefattore, non come leader d’industria. Steve Jobs, il genio del marketing e del packaging che ha salvato la Apple, occupa il 34esimo posto, anche lui davanti al Papa, nella dimostrazione che in questo mondo materialista, l’iPod impressiona più della infallibilità.

Ma è la politica, intesa come potere di governo, quella che continua a dominare l’olimpiade di quelli che contano nel mondo, perché la politica sarà anche in crisi, ma nelle fasi di terrore economico e finanziario globale è a essa che il mondo guarda per trovare un lumicino in fondo al tunnel.

Dietro Obama l’atteso messia della salvezza collettiva, ecco infatti Hu Jintao il cinese, Nicolas Sarkozy il francese, il triumvirato di Bernanke alla Federal Reserve, Jean-Claude Trichet alla Banca Centrale Europea e Maasaki Shirakawa alla Banca Centrale giapponese, la trimurti che da mesi muove le leve e disperatamente aziona le manopole del danaro per tentare di riossigenare la asmatica finanza internazionale.

E poi ancora la Merkel germanica, Putin il neo zar russo, il sorprendente Gordon Brown britannico, risorto dalla impopolarità grazie ai suoi piani salva banche, il re Saudita Abdallah (il petrolio conta sempre) e persino il supremo ayatollah iraniano Khamenei (ma non la sua marionetta delirante, il presidente Ahmadinejad, escluso).

Tutti i primi dieci posti nella olimpiade della supercasta globale sono occupati da personaggi della politica o della amministrazione pubblica.

Nel mix di buoni, meno buoni e pessimi – non poteva mancare naturalmente Osama bin-Laden, almeno lui piazzato ben dietro il Papa e Rupert Murdoch – l’elemento chiave è, anche in questo caso, l’ovvia globalità della sfera di influenza ormai transnazionale, che comprende il generalissimo americano David Petraeus, l’unico americano scampato al naufragio delle “guerre preventive” bushiste in Iraq e Afghanistan, ma anche il Dalai Lama e il miliardario messicano Carlos Helù, uno degli uomini più ricchi del mondo, il signore dell’unica casa automobilistica che ancora regga al collasso del mercato dei motori, Katsuki Watanabe della Toyota, e il predicatore pentecostale nigeriano Adeboye, deciso a salvarci l’anima in dura concorrenza con ayatollah sciiti e pontefici cattolici.

Ma anche in questa globalizzazione dell’elitismo e dell’influenza, continuano comunque a scarseggiare quelle donne che pur rappresentando lo stereotipo della “metà del cielo” sono appena un decimo dell’empireo dei potenti, cinque in tutto. La Merkel, Sonia Gandhi, Nancy Pelosi zarina della Camera americana, Margaret Chan, direttrice dell’Organizzazione Mondiale della Salute e Oprah Winfrey, la donna-azienda che domina i teleschermi americani.

Ce ne sarebbe una sesta, l’avvocata di Chicago Valerie Jarret, nominata consigliere del futuro Presidente, ma è considerata come parte degli gruppo di “amici di Obama”, come Hillary è nel circolo dell’elite planetaria soltanto in coppia con Bill, l’uomo che proprio dieci anni or sono di questi giorni, nelle ore dell’umiliazione e dell’incriminazione, fece di lei, definitivamente l’eroina del più straordinario reality show reale mai rappresentato. Èlite, certamente, la signora, ma condannata a un eterna comunione dei beni e dei mali col marito.