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SONO poche le aree del pianeta che non sono mai state esplorate dall’uomo. Una di queste resisteva, fino a poche settimane or sono, in Africa: era il Monte Mabu, in Mozambico. Situato nel cuore del Paese è difficile da raggiungere in quanto anche le strade sterrate gli passano lontano. Per arrivarci dunque è necessario affidarsi alla popolazione locale, in quanto durante la stagione delle piogge è impossibile avvicinarlo perché le strade e le piste si trasformano in veri e propri corsi d’acqua, mentre in estate l’erba, il capim, come lo chiamano i locali, che circonda la montagna, raggiunge e supera i 2 metri d’altezza. Gran parte dei versanti poi è ricoperto da una foresta con alberi che raggiungono e superano i 40 metri d’altezza, i quali intrecciando rami e liane creano una rete vegetale assai difficile da penetrare.

Per questo i ricercatori dei Royal Botanic Gardens di Kew (Inghilterra), alla ricerca di un luogo della Terra su cui investire in un progetto di conservazione dell’ambiente si sono dapprima affidati a Google Earth per studiare l’accessibilità e le caratteristiche della montagna, per verificare cioè quali potevano essere le aree ambientali più interessanti e al contempo anche quelle più semplici da penetrare. Solo successivamente hanno organizzato una spedizione in quella che risultava essere un’area del pianeta che non era mai stata toccata da una spedizione scientifica.

La scelta sul Monte Mabu è avvenuta dopo che il gruppo di ricerca di Jonathan Timberlake, dei Royal Botanic Gardens ha “scoperto”, nel 2005, attraverso le foto da Google e da altre riprese satellitari l’area ancora sconosciuta. Il ricercatore mozambicano Julian Bayliss ha visitato il luogo e ha potuto constatare l’esistenza di una foresta di circa 80 chilometri quadrati dove l’impronta dell’uomo è assai limitata.

Nonostante la guerra che interessò il Mozambico negli anni Settanta-Ottanta, infatti, l’area della montagna, proprio per le difficoltà d’accesso, è rimasta impenetrata preservandone l’ambiente.

“Era il luogo ideale per una ricerca – continua Timberlake -, in quanto non esisteva un unico testo scientifico che riportava uno studio sul Monte Mabu e oltretutto, un’area ancora non contaminata dall’uomo”. Ed è così che il ricercatore ha organizzato tra ottobre e novembre di quest’anno un team composto da 28 scienziati provenienti dall’Inghilterra, dal Mozambico, dal Malawi, dalla Tanzania e dalla Svizzera, e da 70 tra portatori e guide locali necessari per avanzare e sopravvivere nella complessa foresta.

Momento davvero emozionante, riferiscono i ricercatori, il raggiungimento della cima della montagna, a circa 1.700 metri di quota, mentre centinaia e centinaia di farfalle maschio si erano radunate lassù per attirare con le proprie danze le femmine con cui accoppiarsi. I risultati sono stati davvero eclatanti. Il team infatti, ha scoperto nuove specie di farfalle, nuove popolazioni di rare specie d’uccello, un serpente di cui non si conosceva l’esistenza e altri animali ancora in fase di classificazione. Numerosi gli incontri con piccole antilopi africane, elefanti, cercopitechi dal diadema, scimmie considerate sull’orlo dell’estinzione, e vari altri mammiferi.

Le piante portate indietro dalla spedizione attendono ancora di essere classificate, ma potrebbero portare a loro volta nuove sorprese. Un mondo dunque, dove la biodiversità è quella che ci si auspica per tutto il pianeta. Spiega Timberlake: “Quanto stiamo analizzando in laboratorio ci offre delle continue sorprese che sono davvero inaspettate. Ogni anno gli scienziati descrivono circa 2.000 nuove specie di animali e vegetali, si capisce come poterne scoprire più d’una in un’area così ristretta è davvero un sogno per un ricercatore”.