Da sola, infatti, la Scozia non ha abbastanza stadi per poter ospitare una competizione di questo tipo, anche perché a partire dal 2016 la fase finale degli Europei passerà da 16 a 24 squadre, aumentando di molto la necessità di avere numerosi impianti all’altezza dell’impegno. Per presentare la candidatura, un paese deve poter garantire almeno otto stadi da un minimo di 30 mila posti ciascuno. La Scozia ne ha soltanto quattro: Hampden Park, Celtic Park, Ibrox e Murrayfield. In pratica, a parte Glasgow, dove la rivalità tra Celtic e Rangers ha condotto il football al livello della Premier League inglese, perlomeno dal punto di vista organizzativo e del tifo, non c’è molto da offrire. Il Galles ha un solo grande stadio, il Millenium: dovrebbe ampliare, in caso di candidatura, anche quello del Cardiff City (che gioca nell’equivalente della nostra serie B) e dello Swansea. L’Irlanda del Nord ha impianti altrettanto piccoli, e sarebbe costretta a una rapida modernizzazione per essere coinvolta nel progetto.


Al momento la federcalcio scozzese afferma soltanto di avere avviato colloqui esplorativi con le federazioni di Galles e Irlanda del Nord. In teoria, la scelta dovrebbe essere quella di un’alleanza a due, più probabilmente tra Scozia e Galles che tra Scozia e Irlanda del Nord, ma non è escluso che dalla trattativa salti fuori addirittura una triplice alleanza, con la prospettiva di ospitare gli Europei nel “resto della Gran Bretagna”. Sarebbe un colpo all’orgoglio dell’Inghilterra, calcistica e non solo. E chissà che non possa rianimare anche le aspirazioni di piena indipendenza della Scozia, piuttosto raffreddate dalla crisi finanziaria di questi mesi: molti scozzesi hanno compreso che i danni sarebbero stati assai più gravi, se la loro terra, anziché una regione autonoma aiutata dalla Gran Bretagna, fosse una nazione indipendente. Ma se riusciranno a portare gli Europei nelle Highlands, lo spirito di Bravehart potrebbe tornare a farsi sentire.