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SAN FRANCISCO (California) – La blogosfera statunitense è in subbuglio. A scatenare gli agitprop del web, sul versante del commento tecnologico, questa volta sono le indiscrezioni sui dissapori che correrebbero tra due icone della cultura contemporanea: Steve Jobs e Bono Vox. Così, da VelleyWag, a Gawker a FirstPost e MacObserver, alcuni dei blog tecnologici più seguiti degli Stati Uniti, giorno dopo giorno si può seguire la cronaca della tenzone nella quale sarebbero impegnati il fondatore della Apple e il leader degli U2.

Lontani sono, secondo i bene informati, i tempi in cui Bono e Jobs erano amici per la pelle e si sperticavano in attestati di stima reciproca. Come quello di Bono nel 2003: intervenendo via satellite al MacWorld di San Francisco, aveva acclamato Jobs come il “Dalai Lama dell’Integrazione”. Lontani sono anche i tempi nei quali Steve Jobs, che partecipa raramente a eventi pubblici, si faceva vedere ai concerti della rock band irlandese e la Apple lanciava l’iPod marchiato U2.

Adesso le cose sono cambiate: non solo i due non si parlano più ma Bono, che è socio della Elevation Partners – una venture capital di Silicon Valley con investimenti che spaziano dal gruppo editoriale Forbes al produttore di videogames BioWare/Pandemic Studios – ha appena investito 100 milioni di dollari nella Palm Inc. E questo nonostante nell’ultimo trimestre quest’azienda abbia perso più di 500 milioni di dollari.

Si potrebbe concludere che si tratta di uno dei tanti investimenti speculativi che fanno i venture capitalist e che potrebbe essere destinato o a produrre grandi guadagni o grandi perdite. Ma – lo sanno tutti – la Palm è al momento impegnata in una competizione serratissima proprio con la Apple di Steve Jobs.

Creatrice del PalmPilot, uno dei primi handheld della storia della telefonia mobile, e di HotSync, il primo software per collegare un PDA al desktop, la Palm negli ultimi anni è arretrata fortemente dalla leadership che s’era conquistata anni fa nel settore dei tascabili (il Treo mostra tutti i suoi anni). Per questo al momento è impegnata a lanciare di quello che molti analisti ritengono il più probabile – e credibile – concorrente dell’iPhone.

Bono e i suoi associati svolgono un ruolo tutt’altro che marginale in quest’impresa. Non solo perché finanziano gli avversari di Jobs, ma anche perché negli ultimi anni sono riusciti a dirottare diversi esponenti di punta della casa di Cupertino verso la Palm. Tra questi
spiccano Fred Anderson, ex dirigente Apple e membro del suo consiglio di amministrazione, Mike Bell, che alla Apple era vice presidente, e Jon Rubinstein, un esperto di hardware che a Cupertino era ritenuto il braccio destro di Jobs e come tale persona informatissima su tutti gli aspetti produttivi dell’iPhone e dell’iPod. Adesso Rubinstein alla Palm guida proprio il gruppo di ricerca che sta approntando l’apparecchio che farà concorrenza all’iPhone.

Che le cose tra i due ex amici Jobs e Bono non andassero proprio bene lo si era già intuito l’anno scorso a Las Vegas, quando Bono era apparso in un tributo televisivo a Bill Gates in occasione dell’annuncio del suo ritiro. Un paio di settimane dopo Bono aveva avuto di nuovo occasione di sottolineare il suo distacco dalla Apple. Questa volta intervenendo a Davos in compagnia di Michael Dell per presentare “Red”, un’iniziativa per combattere l’Aids in Africa. Creatore dell’omonima casa di computer, Dell non ha mai fatto mistero della sua antipatia per la Apple e per Jobs, spingendosi più volte a consigliargli di chiudere battenti e di restituire i soldi agli investitori.

Ma secondo molti analisti, tra cui anche l’influente Dan Lyons creatore di “Fake Steve” e del blog “The Secret Diary of Steve Jobs”, piuttosto che essere alimentata da motivi di ordine personale, la diatriba tra Jobs e Bono sarebbe dovuta a motivi puramente affaristici. Nel 2006 Anderson, anche lui partner della Elevation, si vide coinvolgere da Jobs e dalla direzione della Apple in una storia di azioni retrodatate. Una pratica diffusissima tra le aziende dell’alta tecnologia, quella di distribuire stock option retrodatate, veniva usata dalle ditte di Silicon Valley per attirare talenti che altrimenti non si sarebbero mai fatti arruolare.

Emesse all’atto dell’assunzione, le opzioni venivano retrodatate a un periodo in cui il loro valore nominale era significativamente inferiore a quello che avrebbero avuto all’atto della loro maturazione. Così si offriva la possibilità ai nuovi assunti di realizzare un guadagno extra – e soprattutto esentasse – quando le andavano ad esercitare. La pratica nel 2006 aveva suscitato le proteste degli azionisti che si sentivano derubati. Anche Apple e il suo CEO Steve Jobs, che era stato accusato di aver incoraggiato la pratica, erano incappati nell’inchiesta lanciata dalla Security and Exchange Commission. Rispondendo alle accuse con un’indagine propria, la Apple aveva invece concluso, in contrasto con la Sec (l’organo di controollo sulle operazioni di Borsa), che il vero responsabile della truffa era stato Anderson (all’epoca del dolo CFO della Apple) e non Jobs. Anderson nel frattempo era passato alla Elevation e stava seguendo il progetto Palm, riuscendo poco dopo a tirarsi dietro anche Mike Bell, grande esperto di hardware e uno dei veterani della Apple, dell’iPod e dell’iPhone.

Offrendo Anderson in pasto alla Sec, secondo i bloggers che sono intervenuti sull’argomento, la Apple ha ottenuto due risultati: è riuscita a distogliere l’attenzione degli investigatori dal suo Ceo e ha rallentato sensibilmente il tentativo della Palm di produrre una nuova generazione di telefonini che fossero in grado di competere con l’iPhone. Sebbene abbia irritato Bono, la vicenda di Anderson non ha bloccato la Palm, che a gennaio prossimo si appresta a presentare il suo smatphone di nuova generazione al pubblico del Consumer Electronics Show di Las Vegas.