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ROMA Mai, nel cinema recente, film fu più discusso, più vivisezionato a caccia dell’errore, più oggetto di polemiche preventive (e non) di Operazione Valchiria di Bryan Singer. Storia – vera – del fallito attentato a Hitler, compiuto da un manipolo di cospiratori dell’esercito nel 1944. E a spiegare questo accanimento c’è probabilmente la presenza di Tom Cruise, come protagonista assoluto. Una superstar planetaria, certo; ma che negli ultimi anni, non ha goduto di buona stampa: da Scientology ai gossip sul suo matrimonio con Katie Holmes, i giornali non gli perdonano nulla.

E in Germania, in particolare, la pellicola – pur conquistando i botteghini – ha sollevato una marea di critiche. Per la presunta non aderenza della sceneggiatura alla realtà dei fatti; e anche per l’aver affidato il personaggio chiave della congiura – il colonnello Claus Von Stauffenberg – a un attore americano. Eppure oggi, alla presentazione italiana del film, si scopre che Operazione Valchiria è un thiller solido e avvincente (al di là della verosimiglianza); e che, almeno a giudicare dall’accoglienza calorosa che gli riserva la stampa, qui in Italia il fascino di Tom non è affatto tramontato.

Magro, camicia scura, disponibile e allegro, Cruise – da un lussuoso hotel romano – respinge al mittente le critiche. Anzi, bolla come esagerazioni mediatiche il fatto che sul suolo tedesco la pellicola non abbia avuto una buona accoglienza: “Io faccio film per un pubblico vasto – spiega – perciò sono felice del fatto che all’anteprima a Berlino abbiamo ricevuto una standing ovation di dieci minuti. Non ci hanno dimostrato altro che rispetto. Così come noi abbiamo avuto rispetto per questa storia: abbiamo raccontato gli eventi così come si sono svolti”.

Un’interpretazione confermata dal regista Bryan Singer, autore cult dei Soliti sospetti e della saga X-Men: “Dalla Germania – racconta – abbiamo avuto grande collaborazione: il governo ci ha concesso un finanziamento, abbiamo potuto girare nelle location che abbiamo chiesto, la troupe tedesca è stata disponibilissima”. E lo sceneggiatore, Cristopher McQuarrie, aggiunge: “Sulla figura di Von Stauffenberg da decenni ci sono polemiche. Ma io mi sono attenuto fedelmente ai fatti: ad esempio se fosse risultato antisemita, come molti hanno scritto, io non lo avrei taciuto”.

Sia come sia, quel che è certo è che nel film il personaggio interpretato da Cruise è un eroe abbastanza tutto d’un pezzo: reduce da gravi ferite in Africa, entra in contatto col generale Tresckow (Kenneth Branagh) e con altri ufficiali ed ex ufficiali disgustati come lui dagli orrori di Hitler (e interpretati da attori bravi come Bill Nighy e Terence Stamp). Parte così l’operazione per uccidere il Fuhrer: e a portare l’esplosivo a un passo dal tiranno, sarà proprio l’intrepido Stauffenberg…

Insomma, per Cruise, un’altra interpretazione in divisa: situazioni in cui lui spesso (vedi Top Gun o Codice d’onore) ha dato il meglio di sé. E poi, per questo personaggio, Tom confessa un particolare amore: “Mi attrae la sua complessità – spiega – così come la suspence contenuta nella sceneggiatura. Io poi da bambino odiavo i nazisti, giocavamo spesso a ucciderli o a uccidere Hitler. E già allora mi chiedevo: perché all’epoca nessuno tentò di eliminarlo? A scuola mi hanno insegnato che ogni tedesco era un nazista: ora, studiando bene la vicenda (anche sul set leggevamo libri sull’argomento) ho scoperto un’altra verità”.

Dunque un’identificazione quasi totale. Assai diversamente da quanto è accaduto in un’altra pellicola in cui lo abbiamo visto recentemente, la commedia Tropic Thunder di e con Ben Stiller, in cui, imbruttito e ingrassato, è un viscido produttore hollywoodiano: “Nel lavoro cerco la maggiore varietà possibile – dichiara – i ruoli più diversi. E con un entusiasmo per la recitazione ancora maggiore di quando ero a inizio carriera. Cerco personaggi che rappresentino una sfida, che abbiano qualcosa di speciale”.

Per il resto Cruise, disponibile perfino di fronte a una domanda piuttosto trita sul “bello delle donne”, ribadisce il suo amore per “l’intelligenza, l’eleganza, la sensibilità” del lato femminile dell’umanità: “Sono cresciuto con madre single e tre sorelle, e ho imparato a rispettare le donne, a trattarle sempre bene”. Poi elogia le prime mosse di Obama: “Sul dialogo con l’Islam lo appoggio in pieno, bisogna comunicare anche con culture diverse perché viviamo tutti sullo stesso pianeta”. E infine fa emergere il cuore di papà quando racconta di come il figlio Connor (adottato da lui e dalla ex Nicole Kidman) abbia dovuto sostenere il provino – riuscito – per Sette anime di Gabriele Muccino: “Lui era dentro a fare l’audizione, io e Will Smith fuori la porta, ero nervosissimo. Ma quando ho visto che era orgoglioso di sé, sono stato orgoglioso di lui”.