DAVVERO sembrano diventar tutti un po’ pazzi nel turbinio di musica e colori che contraddistingue il periodo in cui tutto sembra possibile. In cui ogni eccesso è consentito. Abbandonati i soliti vestiti ci si concede di portarne altri: quelli colorati, infantili del Carnevale. E il mondo intorno si rovescia, il pazzo del paese finalmente diventa re, e non importa se è solo per scherzo, se è solo per un giorno. Ma il Carnevale non è solo follie e scherzi, per molti è una cosa seria, serissima. Un lavoro vero e proprio. Basta pensare agli artigiani che in ogni regione lavorano tutto l’anno alla realizzazione dei carri allegorici in cartapesta.

A Viareggio dal 2001 hanno una Cittadella del Carnevale tutta per loro, una grande struttura che racchiude moderni laboratori e la scuola della cartapesta a cui presto si aggiungerà il Museo del Carnevale. Ebbe tutto inizio nel 1873 quando, presso il porto, una banda di carpentieri, scultori e fabbri realizzò il primo pesantissimo carro allegorico; ispirandosi alle tecniche di costruzione delle navi misero insieme legno, juta, cavi d’acciaio, corde e mascheroni in gesso. Grazie all’introduzione della cartapesta, nel 1925 Antonio D’Arliano realizzò “I cavalieri del Carnevale”, con l’impiego di questo materiale i carristi erano finalmente in grado di plasmare volumi colossali ma leggeri per realizzare spettacolari sculture semoventi.

Attualmente uno dei grandi maestri della cartapesta è Arnaldo Galli che insieme a Silvano Avanzini ha collaborato alla costruzione dei materiali di scena di Casanova e Boccaccio ’70 di Federico Fellini. Di anno in anno gli artisti viareggini sono capaci di regalarci straordinari ritratti del nostro tempo: non mancano mai i politici, i personaggi dello sport, dello spettacolo e della cultura, e sono migliaia le persone che accorrono per divenire moltitudine colorata e sfrenata sotto l’ombra di queste incredibili creazioni.

Anche in Emilia Romagna si lavora tutto l’anno per mettere in scena una festa tra le più surreali e giocose: il Cento Carnevale Europa. Questo Carnevale risale a tempi antichi, ve ne è traccia già nel 1615 in un affresco del Guercino, ma solo nel 1990, Ivano Manservisi prese in mano le redini della manifestazione, riuscendo a darle rilevanza internazionale e siglando nel 1993 il gemellaggio con il Carnevale di Rio de Janeiro.

Anche a Cento (centro storico in provincia di Ferrara) i carri allegorici, effimeri monumenti dedicati all’allegria sono parte fondamentale dei festeggiamenti, della costruzione se ne occupano le Associazioni carnevalesche: I Ribelli, Il Risveglio, I Ragazzi del Guercino, Mazalora, I Toponi, Il Riscatto. Il momento più amato dal pubblico è il “gettito” o lancio dai carri in parata di palloni di ogni misura, caramelle, materassini gonfiabili, cioccolatini e pupazzi. La maschera tipica di Cento è Tasi (al secolo Luigi Tasini), personaggio locale dell’800, grande amante del vino e del divertimento che preferì alla moglie un bicchiere di Lambrusco e una volpe che portava al guinzaglio; è lui ad aprire e chiudere il Carnevale, prima entrando trionfante in frac e con la fedele volpe stretta in braccio, poi, nell’ultima giornata, andando al rogo, subito dopo aver sbeffeggiato vizi e virtù di alcuni suoi concittadini.

Forse la vera poesia del Carnevale sta tutta in quel momento malinconico in cui, bruciato il fantoccio, spenta la musica, si torna a casa calpestando coriandoli e stelle filanti ormai incolori; nei giorni successivi, si torna alle solite abitudini. Ma a parte la malinconia, che è l’altra faccia delle maschere e dei travestimenti, continuiamo con gli appuntamenti sparsi per l’Italia, testimonianza di una festa profondamente popolare, capace da sempre di rovesciare i rapporti sociali, anche se solo per un giorno. «Una festa che il popolo offre a se stesso», scrisse Goethe nel suo Viaggio in Italia, sottolineando il carattere eccezionale di questa ricorrenza insieme religiosa e pagana, che ancor oggi raggiunge forme molto alte di spettacolarità.

Impossibile dimenticare l’appuntamento di Venezia, dal 14 al 24 febbario, quando Piazza San Marco, le calli e le piazzette si affollano di maschere e turisti provenienti da ogni parte del mondo. Nella città lagunare si respira ancora la magica atmosfera dei grandi festeggiamenti del ‘ 700, epoca d’oro ma consapevole della decadenza incombente, tra sfilate e spettacoli improvvisati da attori, acrobati e musicisti.

Spostiamoci ora in Sardegna, dove il Carnevale è una festa dai mille volti; tra gli appuntamenti più spettacolari, quello di Tempio Pausania (provincia di Olbia-Tempio): protagonisti i carri allegorici e il gigantesco fantoccio di paglia di Re Giorgio, simbolo di tutti i potenti. A lui vengono tributati grandi onori dal 19 febbraio fino al Martedì grasso, quando viene processato e bruciato in piazza.

Ad Orotelli (provincia di Nuoro) la maschera tradizionale è Sos Thurpos, i “ciechi”: questi, travestiti con mantelli e il volto dipinto con il sughero bruciato, si lanciano in danze propiziatorie che richiamano riti ancestrali. Sa Sartiglia è la celebre gara equestre al centro del Carnevale oristanese, il nome deriva dal castigliano Sortija e dal catalano Sortilla (dal latino sorticola, “anello”).
I cavalieri devono infilare in corsa una stella di metallo: dal numero di stelle dipenderà l’abbondanza del raccolto.

Spostiamoci ora in Sicilia, in provincia di Agrigento, dove si svolge, dal 21 al 24 febbraio, il Carnevale di Sciacca gemellato con quello di Salvador de Bahia. Tra carri e maschere, tutto ruota intorno alla figura di Peppe Nappa, “Lu Re di lu cannalivari sciacchitanu”, apre il corteo dei carri distribuendo salsicce e vino per poi finire al rogo l’ultimo giorno di Carnevale.

All’insegna della multiculturalità è il Carnevale di Genova: i Municipi festeggiano con i costumi e le tradizioni di città lontane o vicine del Mediterraneo.

Dedicato ai fantaveicoli il Carnevale di Imola, in provincia di Bologna, con la sfilata di mezzi fantasiosi, realizzati con materiali di recupero. Tra i tanti Carnevali storici, quello di Ivrea, che nel 2008 ha compiuto 200 anni: si svolge dal 21 al 24 febbraio nelle vie e nelle piazze cittadine, con i personaggi tradizionali e la celebre Battaglia delle Arance.

A Ronciglione (provincia di Viterbo), un altro Carnevale storico, dal 15 al 24 febbraio, con veglioni e sfilate. Sempre in provincia di Viterbo, il Carnevale di Civita Castellana, che si tiene da oltre 70 anni, con carri e sfilate, dal 15 al 24 febbraio.

Infine il Carnevale di Montemarano (Avellino), dove, dopo i festeggiamenti del 22, 23 e 24 febbraio si svolge, la domenica successiva al Martedì grasso, l’antico rito del Funerale del Carnevale: un grosso pupazzo, malato per aver mangiato troppe salsicce, viene bruciato in piazza. Altro rito di addio alle feste è il falò della Vecchia a Benedello, frazione di Pavullo, nel Modenese.
Un fantoccio, che partorisce alla fine una bambola, viene bruciato tra danzatori in curiosi costumi (quest’anno l’8 marzo)