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ROMA Camaleontico, intenso, bravo più che mai. Dopo le fatiche registiche di Into the wild, Sean Penn torna davanti alla macchina da presa in Milk, diretto da Gus Van Sant, e in cui incarna il primo politico dichiaratamente omosex della politica americana. Personaggio realmente esistito, dal carattere forte (proprio come l’attore che lo interpreta): icona gay, bandiera del movimento dei diritti civili, martire. Visto che, come apprendiamo già dalle prime sequenze del film, nel pieno della sua ascesa viene assassinato.

Una prova, la sua, in forte odore di nomination all’Oscar: Penn – già vincitore della statuetta per Mystic River – nei panni del protagonista, Harvey Milk,

 è semplicemente perfetto. “Sì, come omosessuale è davvero fantastico – conferma Van Sant, oggi a Roma per promuovere il film – il che, per un eterosessuale come lui, non deve essere stato affatto facile. Sapeva che sarebbe stata dura, che avrebbe dovuto costruire qualcosa di completamente nuovo”.

Eppure, al di là del differente orientamento sessuale, “lavorare con Sean – prosegue il regista – è stato particolarmente interessante perché assomiglia molto ad Harvey Milk: hanno molte cose in comune. Entrambi sono molto divertenti nella vita e appassionati quando parlano di politica. Forse Milk era più ‘leggero’ di Sean, ma entrambi hanno una grande capacità di conversazione e una grande passione politica”.

Ma, visto che Penn è anche una star, inevitabilmente di Milk si è parlato anche per le scene in cui lui seduce, bacia o va a letto coi suoi partner. Tanto che alcuni tabloid hanno scritto che sua moglie, l’attrice Robin Wright Penn, sarebbe stata gelosa di alcune effusioni scambiate dal marito, per esigenze di copione, con un altro degli interpreti, James Franco… “Era solo una battuta”, taglia corto Van Sant. Invitando a concentrarsi sui contenuti del film.

Girata con stile semidocumentaristico, la pellicola – nelle sale italiane da venerdì 23 – ricostruisce gli ultimi otto anni della vita del protagonista: dall’incontro a New York, nel 1970, col compagno Scott (James Franco, appunto), fino alla tragica scomparsa. Nel mezzo, speranze, sogni, rivendicazioni, e una carriera politica in ascesa. Dove? A San Francisco, naturalmente, città tollerante e aperta per eccellenza, nonché culla del movimento dei diritti civili gay.

E alla testa del movimento ci finisce un po’ a sorpresa lui, Milk, ex assicuratore e poi titolare di un negozio di fotografia nel quartiere Castro di Frisco, l’unico dove gli omosessuali possono vivere in libertà. La sua bottega diventa centro di aggregazione, prima culturale, poi politico: lanciando la volata alla carriera di Harvey in Consiglio comunale. Ma le spinte reazionarie sono all’opera, in tutti gli States: in particolare, in California c’è un referendum statale – la cosiddetta Proposizione 6 – che chiede il licenziamento di tutti gli insegnanti gay. Grazie alla battagliera campagna elettorale di Milk, la proposta viene bocciata; ma per lui, come per altri politici americani che hanno tentato di portare ben più avanti il livello di diritti civili nel Paese, il destino è segnato…

Un film in cui svetta la straordinaria interpretazione di Penn: una performance da Oscar, indipendentemente da quelle che saranno le decisioni dei giurati dell’Academy. Accanto a lui, tanti bravi caratteristi: il giovane attivista Cleve Jones (l’Emile Hirsh protagonista di Into the Wild), il boyfriend disturbato Jack Lira (Diego Luna), il consigliere comunale ed ex poliziotto Dan White (il Josh Brolin di W. e di Non è un paese per vecchi).

Nella sua conversazione romana, però, Van Sant sottolinea anche un altro aspetto interessante della pellicola. E cioè il suo raccontare uno dei tanti omicidi politici di cui è costellata la storia americana: da Abramo Lincoln fino a John Kennedy, passando per Martin Luther King e Malcolm X. “Sì, fare politica nel mio Paese è pericoloso – specie se si è degli innovatori: la propria azione viene vista come una sfida. Milk questo lo sapeva, e sperava che il suo sacrificio, se fosse stato ammazzato, sarebbe servito a qualcosa. Ai nostri giorni, però, i pericoli dell’essere leader e riformisti si conoscono meglio, e perciò le misure di sicurezza sono molto più forti”. Vedere Barack Obama per credere.