” hspace=”3″ vspace=”3″ width=”130″ align=”left” />LONDRA – L’esaurimento nervoso, il ricovero per polmonite a fine 2007, il ritiro dalle scene. Era tutto falso. C’entravano le droghe. Tante. Soprattutto di questo parla il nuovo album di Eminem, Relapse, nei negozi da oggi. In Déjà Vu, il brano che mette in rima la cronaca fedele della sua dipendenza, il rapper più controverso d’America – ottanta milioni di dischi venduti in tutto il mondo – dice: “Heath (Ledger, ndr), io e te abbiamo fatto quasi la stessa fine. La storia della polmonite? Era una stronzata”.

L’ultima volta di Eminem su un palco era stata negli Stati Uniti nell’estate del 2005, alla vigilia di un tour europeo che cancellò citando un esaurimento nervoso. Qualche giorno dopo però l’annuncio ufficiale cambiava versione: “Eminem è in clinica per disintossicarsi da sonniferi e tranquillanti”. Il ritiro dalle scene era già nell’aria da qualche tempo. L’ultimo album di inediti, del 2004, si intitolava Encore, ovvero “bis”, e con l’antologia del 2005 Curtain Call, “cala il sipario”, sembrava congedarsi l’artista più discusso degli ultimi anni, l’unico in grado di mettere d’accordo in un colpo solo politici, vescovi e Arcigay quando andò al Festival di Sanremo 2001 a una settimana dal delitto di Novi Ligure, scatenando critiche unanimi da parte di tutti per le sue liriche violente. Lo difese solo Raffaella Carrà che presentava quell’edizione del festival: “È un bravo ragazzo”. Ma Eminem non ricorda bene. “Paul”, chiede a Rosenberg, l’onnipresente manager ombra, “siamo mai stati in Italia?”.

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Oggi Marshall Mathers III, questo il suo vero nome, ha 36 anni. Il volto è tirato, gli occhi sempre attentissimi. I famosi capelli giallo fosforescente hanno lasciato posto a una più naturale colorazione scura. Non sembra tranquillo. Per niente. Non parla volentieri perché dice di non amare molto le attenzioni che gli ha procurato la fama in questi anni di trionfi. Questa è l’unica intervista italiana.

“Non ho mai fatto hip hop per essere famoso, non era quello il mio scopo, ma ovviamente è una normale conseguenza di ciò che faccio. Quello che mi rende davvero felice è la musica. Se potessi semplicemente pubblicare dischi fregandomene del resto lo farei”.

Quando decide di scomparire dalle scene lei ci riesce davvero. Non si vede alle feste o alle serate di gala e i paparazzi fanno fatica a rintracciarla.
“In realtà non volevo andare in pensione, ma solo prendermi una pausa dai riflettori per concentrarmi sulla produzione musicale e riorganizzare tutto, ripensare la mia carriera. Non ho mai smesso di lavorare a quello che mi piace però, continuavo ad andare nello studio di registrazione con gli artisti della mia etichetta discografica, la Shady Records. E quando ho capito che avevo materiale di qualità ho deciso di pubblicarlo in un nuovo album”.

Nel 2006 il suo amico fraterno Proof, al suo fianco nella band dei D12, è stato ucciso in una sparatoria proprio sulla 8 Mile, la strada di Detroit che lei ha reso famosa con il film omonimo per cui ha vinto un Oscar con il brano Lose Yourself. La sua scomparsa ha influito sulle decisioni riguardanti la sua carriera?
“Avevo già deciso di fermarmi perché per sette-otto anni ero andato avanti senza sosta, ma quello che è successo a Proof è stato un colpo molto duro per me e dopo davvero non sapevo più che fare. Il primo anno dopo la sua scomparsa è stato incredibilmente difficile. Oltre che per la perdita dal punto di vista personale mi chiedevo anche cosa sarebbe successo professionalmente. Chi sarebbe stato accanto a me sul palco nello spazio che occupava Proof? Ero distrutto”.

In Relapse (è già pronto il suo seguito, Relapse 2, in uscita prima della fine dell’anno) il tema sembra essere “come sono caduto nel baratro delle droghe, come ho immaginato di compiere i delitti più efferati e come ne sono uscito”.
“Prendevo dalle dieci alle venti pasticche di Vicodin ogni giorno. Ma poi c’era tutto il resto, il Valium e i medicinali per dormire. Però poi arriva un punto in cui sei costretto a dire: vaffanculo. Per me è stato quando ho iniziato a rendermi conto che il mio talento ne stava risentendo pesantemente e non potevo più andare avanti così”.

L’esperienza in clinica le è servita?
“Sicuramente mi ha fornito gli strumenti di cui avevo bisogno, mi ha fatto capire molte cose, ma l’effetto non è durato a lungo. Dopo una settimana ho avuto un “relapse”, una ricaduta”.

Dell’argomento droghe non aveva mai parlato volentieri.
“Ci sono sempre stati riferimenti ironici nei miei testi, ma solo ora sono riuscito a parlarne in un brano, Déjà Vu. Man mano che andava avanti il mio percorso per ripulirmi è diventato più facile. Non volevo citare le droghe nelle interviste o con gli amici perché le stavo ancora usando. Potevi non notarlo ma magari durante una chiacchierata andavo in bagno a prendere qualcosa e poi riprendevo il discorso”.

Nell’autobiografia The Way I Am (in Italia uscirà per Mondadori, su XL in edicola ampi stralci in esclusiva) oltre a parlare molto di droghe scrive anche: “Mi chiedo cosa penseranno delle mie canzoni le mie bambine quando saranno grandi (Hailie, nata dal matrimonio due volte celebrato e due volte finito con Kimberly Scott, oggi ha 13 anni. Alaina, figlia della sorella di Kim, da lui adottata, ne ha 16, ndr). Non posso proteggerle per sempre”. C’è riuscito finora?
“Se per lei va bene lascerei questo argomento fuori dall’intervista”.

Nel recente video We Made You prende in giro Amy Winehouse e Sarah Palin, nel brano Medicine Ball dice di Madonna che è “una tipa così vecchia che sembra essere sopravvissuta a un ergastolo”. In Same Song & Dance nascondendosi dietro il suo vecchio pseudonimo Slim Shady fa strage di popstar, da Britney Spears a Lindsay Lohan. Non le sembrano bersagli troppo facili?
“Potrei prendere nomi inventati e fare le stesse rime con personaggi di fantasia, ma allo stesso tempo penso che… Non so, Britney Spears è stata una mia fissazione per molti anni. Come molti altri personaggi del mondo del pop. Ma non è mai stata mia intenzione prendermela direttamente con loro, non c’è niente di personale perché non le ho mai incontrate. Non ho nessuna voglia di ferirle. Davvero”. fonte repubblica.it