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TAMPA – Il sogno dei Cardinals dell’Arizona, la cenerentola del football americano, si è infranto quando mancavano solo 35 secondi alla fine. Il 34esimo Super Bowl lo vincono (27 a 23) gli ‘Steelers’, i metallurgici di Pittsburgh, la gloriosa squadra della Pennsylvania per cui ha fatto il tifo anche Obama, che con questo sesto, storico, successo diventano la squadra più titolata d’America.

Questa volta nessuno potrà raccontare la favola a lieto fine degli ‘underdogs’, gli sfavoriti, i più deboli, quelli su cui solo un pazzo all’inizio della stagionè avrebbe scommesso una lira. Nella loro storia centenaria (i Cardinals nacquero a Chicago nel 1898 e sono la più antica squadra professionistica del football made in Usa) non avevano mai raggiunto il Super Bowl e arrivati ai play-off erano la squadra meno quotata di tutte.

Quel sogno i rossi ‘uccellinì di Phoenix ieri sera lo hanno avuto a portata di mano. Agguantato in modo incredibile, passando in vantaggio (dopo una gara tutta in salita) quando mancavano meno di tre minuti alla gloria. Una magia del loro ‘quarterback’, Kurt Warner, uno che a 37 anni voleva entrare nella storia, diventando il più vecchio ‘quarterback’ a vincere il Super Bowl (dopo averne vinto uno nel 1999 con i Rams di St. Louis). Dopo una serata di alti e bassi aveva pescato il jolly nella figura di Larry Fitzgerald, il ‘wide receiver’ idolo dell’Arizona, anche lui fino allora in serata no. Larry aveva corso come uno sprinter per 64 yard fino al ‘touchdown’ che aveva mandato in delirio i tifosi, fino a quel momento surclassati (in numero e calore) da quelli di Pittsburgh. A interrompere quel ‘dream’ molto americano è stato Ben Roethlisberger, detto ‘Big ben’, il massiccio ‘quarterback’ degli Steelers che a sua volta era stato invece il più giovane ‘quarterback’ a vincere un Super Bowl (2006): lanciando quella palla finale presa al volo in modo acrobatico dal ‘receiver’ Santonio Holmes a 35 secondi dal termine.

E’ stato un Super Bowl a due volti, emozionante come pochi nel secondo e soprattutto nell’ultimo quarto, noioso nel primo e nel terzo, quando sembrava che gli Steelers avessero la partita in mano. E’ stato come sempre uno spettacolo non solo di sport, anche se in tono dimesso per via della crisi economica. Il presidente Barack Obama lo ha seguito da una saletta della Casa Bianca dove aveva invitato alcuni membri del Congresso e dopo essersi concesso alla Nbc (la televisione titolare dei diritti del Super Bowl) per una lunga intervista in diretta subito prima del match.

Il tradizionale concerto di metà partita ha avuto come protagonista Bruce Springsteen. Il ‘Boss’, dopo aver onestamente confessato che per lui era una bella promozione commerciale (il nuovo disco è appena uscito) ha cantato quattro canzoni: ‘Tenth Avenue Freeze-Out’, ‘Born to Run’, ‘Working on a Dream’ e ‘Glory Days’. Alla cerimonia d’apertura tra gli ospiti d’onore presentati nel pre-game come ‘eroi americanì c’era al completo l’equipaggio dell’aereo Us Airways ‘ammaratò la settimana scorsa sul fiume Hudson a New York. Il lancio della monetina per stabilire a chi toccasse il calcio d’inizio lo ha fatto invece il generale David Petraeus, l’uomo che ha cambiato il corso della disastrosa guerra in Iraq con il cosiddetto ‘surge’.

L’inno nazionale, cui è seguito il tradizionale volo della pattuglia acrobatica, è stato cantato dalla attrice premio Oscar Jennifer Hudson, che ha avuto tre membri della sua famiglia assassinati alcune settimane fa a Chicago. La Nbc ha incassato tre milioni di dollari per gli spot pubblicitari (nessuno sembra di quelli destinati a lasciare il segno) e oggi sapremo se l’audience ha raggiunto i cento milioni che qualcuno prevedeva.